SOMMARIO: Indennità integrativa speciale – Indennità integrativa speciale e pensioni di reversibilità – Tredicesima mensilità – L’assegno di incollocabilità – La riforma del sistema pensionistico obbligatorio – La riforma delle pensioni dopo le Leggi n. 214/2011 e n. 14/2012 – La pensione di inabilità – Impiegati civili dello Stato: le provvidenze economiche di cui al RD 1290/22 – Benefici combattentistici: legge 366/70 – Sequestro, pignoramento, cessione e reupero somme – Interventi assistenziali per il personale delle Forze armate –Disposizioni sul trattenimento in servizio – Personale prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo – Maggiorazioni contributive: art. 80 legge 388/2000 – Promozione al grado superiore – art. 4 legge 45/2008
Indennità integrativa speciale
L’indennità integrativa speciale è un importo aggiuntivo corrisposto sullo stipendio e sulle pensioni per adeguarli al costo della vita. Nata inizialmente (legge n. 324/59) come assegno d’assistenza, non imponibile, perse fin dagli anni 70 la sua natura d’assegno accessorio anche a seguito di diversi interventi della Corte Costituzionale e del legislatore (leggi 424/94 e 335/95).
Con circolare n. 817/98, il Ministero del tesoro, Direzione dei Servizi periferici, richiamandosi alla nota n. 223511 della Ragioneria generale dello Stato, nel ribadire come alle pensioni privilegiate tabellari militari non può essere attribuita natura reddituale, chiarì come in favore dei titolari delle stesse, aventi decorrenza successiva al 2 gennaio 1995 (e che non prestino attività lavorativa), deve continuare ad essere attribuita l’indennità integrativa speciale per intero, come separato assegno accessorio, ai sensi della legge n. 324/59, non sussistendo i presupposti per l’applicazione della successiva (penalizzante) normativa scaturita dalla legge 724/94.
Dal 1 gennaio 1995 l’indennità integrativa speciale è entrata a far parte della retribuzione pensionabile (art. 15, comma 3 legge 724/94);
Il problema del cumulo dell’indennità integrativa speciale
Dalla sua istituzione ne fu stabilita e, poi mantenuta dall’art. 99 del DPR 1092/73, la sospensione sulla pensione nei casi in cui il pensionato prestasse opera retribuita presso la Pubblica amministrazione o fosse titolare d’altra pensione pubblica (art. 2 commi 6 e 7 legge 324/59 e art. 99 comma 2 e 5 del DPR 1092/73) mentre non era interrotta se lo stesso era lavoratore autonomo o dipendente privato.
In particolare, con l’art. 17, comma 1 della legge 843/78, ne fu prevista l’incumulabilità con la retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi, ma con garanzia del minimo INPS (vale a dire pensione in ogni caso non inferiore al minimo INPS).
In materia di cumulo di più indennità integrative speciali, l’orientamento della Corte dei Conti, nonostante vari pronunciamenti delle Sezioni Riunite (sentenze 39/40 del 1997 e n.1/2000) e dopo varie oscillazioni interpretative, è ormai constante nel riconoscere a favore del pensionato che presta opera retribuita, tanto alle dipendenze di un datore di lavoro pubblico che privato il diritto a percepire sulla pensione l’IIS in misura intera (tra le tante Sez. II di Appello n. 78 del 15.3.2000 – n. 93 – Sez. III di Appello n. 9 del 18.1.2001) .
La Corte Costituzionale, investita ripetutamente della questione ha affermato che in conseguenza delle sue note sentenze n. 566/1989, 204/1992 e n. 494/1993 non sono più rinvenibili nell’ordinamento vigente disposizioni cui possa essere ricondotto il divieto di cumulo, o perché già cancellate o perché dichiarate costituzionalmente illegittime. A queste ha fatto seguito l’ ordinanza n. 119/2008 con cui la stessa, investita nuovamente della questione di costituzionalità dell’art. 99, comma 2 del DPR 1092/73, ha restituito gli atti ai giudici emittenti affinché procedessero a una nuova valutazione della questione alla luce dell’art. 1 commi 774 e 776 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che nel dare un’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 41 della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo alla liquidazione delle pensioni di reversibilità, ha considerato l’IIS, a decorrere dall’entrata in vigore della legge 335/95 e indipendentemente dalla data di liquidazione della pensione diretta “parte integrante del complessivo trattamento pensionistico” e ritenendola conglobata nella pensione.
Il successivo comma 776, abrogando l’art. 15, comma 5 della legge 724/1994, ha eliminato la norma che prevedeva per le pensioni liquidate fino al 31 dicembre 1994 e per le pensioni di reversibilità ad esse riferite, l’applicabilità dell’art. 2 della legge 324/1959 e sue successive integrazioni e modificazioni. Tale disposizione ha fatto pertanto venir meno il carattere di emolumento accessorio dell’IIS anche per le pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994, a decorrere, però, dal 1 gennaio 2007, con la conseguenza che la questione della cumulabilità di più IIS rimane circoscritta alla fattispecie in cui entrambe le pensioni sono state liquidate a decorrere da data anteriore al 1 gennaio 1995 e fino al 1 gennaio 2007.
Da ultimo con sentenza n. 197/2010 la Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibili due deferimenti di costituzionalità sollevati dalla Corte dei Conti della Toscana e del Piemonte dopo la precedente ordinanza costituzionale n. 119/2008 e la conseguente decisione di massima delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti 1/QM/2009, ha in sostanza condiviso il più recente orientamento giurisprudenziale delle tre Sezioni centrali d’Appello della Corte dei Conti, secondo il quale al titolare di due pensioni pubbliche anteriori al 1.1.1995 spetta l’indennità integrativa speciale in misura intera su una pensione, mentre sull’altra va garantito il solo minimo INPS.
Deroghe al conglobamento della indennità integrativa speciale
Sono previste nei casi di:
– personale militare collocato in convalescenza per inidoneità al servizio anteriormente al 1 gennaio 1995 e cessato definitivamente in data successiva senza aver riacquistato l’idoneità (art.2, comma 20 legge 335/95)
– personale che, raggiunto il limite d’età prima del 1 gennaio 1995, è stato trattenuto in servizio cessando, in data successiva (art. 2 comma 20 legge 335/95)
– militari che, pur cessando in data successiva al 1 gennaio 1998, hanno maturato al 1 gennaio 1995 almeno 40 anni di servizio di servizio utile. Si tiene conto di tale requisito nel momento in cui l’attribuzione della IIS, quale assegno accessorio alla pensione, risulti più favorevole (art.59, comma 36 legge 449/97). Riguardo quest’ultima ipotesi è da segnalare che l’inclusione della IIS nella base pensionabile, pur considerando i riflessi sull’aumento del decimo, non sempre è favorevole per il personale sottufficiale ed ufficiale non dirigente. La quota pensionata dell’assegno (80% dell’importo percepito all’atto della cessazione) aumentata di un decimo può portare ad un importo inferiore rispetto alla misura della IIS, quale assegno accessorio.
Indennità integrativa speciale e pensioni di reversibilità
Circa il problema delle pensioni ordinarie e/o privilegiate di reversibilità concesse dopo il 31.12.1994, ma relative a pensioni percepite dal de cuius prima di tale data , è da ricordare come dopo un notevole, positivo, contenzioso tra l’INPDAP e gli interessati, caratterizzato dalla sentenza della Corte dei Conti a Sezioni Riunite n. 8/2002/QM del 20.3.2003 che si espresse favorevolmente, in applicazione dell’art. 15, comma 5 della legge 724/94, alla concessione dell’indennità integrativa speciale come assegno separato e fisso in luogo del 60% del trattamento pensionistico diretto, con l’indennità integrativa speciale conglobata nella base pensionabile, ai sensi delle disposizioni dettate dall’art. 1, comma 41, della legge n. 335/95, il legislatore con i commi 774/776, dell’articolo unico della legge 296/2006 (Finanziaria 2007), abrogando l’art. 15, comma 5, della legge 724/1994, fornì l’interpretazione autentica del precedente art. 1 comma 41, stabilendo che:
- per le pensioni di reversibilità decorrenti dal 17 agosto 1995 data d’entrata in vigore della legge 335/95, a prescindere dalla data di decorrenza della pensione diretta, l’indennità integrativa speciale di cui in precedenza beneficiava il dante causa, indennità che deve ritenersi parte integrante del complessivo trattamento pensionistico, è attribuita nella medesima misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità;
- sono fatti salvi, con l’assorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici , i trattamenti più favorevoli in atto alla data del 1 gennaio 2007 già definiti in sede di contenzioso (sentenze emesse dalla Corte dei Conti ovvero deliberazioni adottate dai Comitati di vigilanza dell’INPDAP).
Abolizione dei limiti al cumulo tra pensione e redditi di lavoro
A decorrere dal 1 gennaio 2009, le pensioni dirette di anzianità, a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché le pensioni dirette conseguite nel regime contributivo in via anticipata rispetto ai 65 anni per gli uomini e ai 60 anni per le donne, fermo il requisito di anzianità contributiva non inferiore a 35 anni, sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.
E’ questo quanto contenuto nell’art. 19 della legge 133/2008 che riguarda coloro che , a seguito dalla cessazione del rapporto di lavoro, abbiano conseguito il diritto a pensione e, successivamente intrapreso un’altra attività lavorativa (eventualmente anche con una pubblica amministrazione) purché questa non sia una continuazione, derivazione, rinnovo del precedente rapporto di lavoro che ha dato origine alla pensione.
Per quanto riguarda le pensioni dirette di vecchiaia calcolate con il sistema contributivo, queste sono interamente cumulabili con i redditi di lavoro dipendente e autonomo, in presenza delle seguenti condizioni:
- età pari a 65 anni se uomini o 60 se donne
- 40 anni di anzianità contributiva
- 35 anni di anzianità contributiva e 58 anni di età fino al 30 giugno 2009
- 35 anni di anzianità contributiva e 60 anni di età ovvero 36 anni di anzianità contributiva e 59 anni di età (quota 95) dal 1 luglio 2009 fino al 31 dicembre 2010
- 35 anni di anzianità contributiva e 61 anni di età ovvero 36 anni di anzianità contributiva e 60 anni di età (quota 96) dal 1 gennaio 2011 fino al 31 dicembre 2012
- 35 anni di anzianità contributiva e 62 anni di età ovvero 36 anni di anzianità contributiva e 61 anni di età (quota 97) dal 1 gennaio 2013
Pensionamento anticipato – calcolo della IIS al compimento del 65 anno di età
Dopo un nutrito contenzioso presso la Corte dei Conti, la problematica ha trovato una interpretazione autentica nell’ambito dell’art. 18 dellal legge 111/2011. Nella fattispecie il legislatore, richiamandosi all’art. 21 della legge 730/1983 ha chiarito che le percentuali d’incremento dell’indennità integrativa speciale vanno corriposte nell’aliquota massima, calcolata sulla quota effettivamente spettante in proporzione all’anzianità conseguita alla data di cessazione dal servizio. Sono, in ogni caso fatti salvi i trattamenti più favorevoli, in godimento alla data del 6 luglio 2011, già definiti con sentenza passata in giudicato, con riassorbimento sui futuri miglioramenti.
Tredicesima mensilità
Ai sensi dell’art. 94 del DPR 1092/73 al titolare di pensione o d’assegno rinnovabile spetta una 13^ mensilità da corrispondere alla rata in pagamento al dicembre d’ogni anno. L’importo è commisurato alla rata di pensione spettante al 1 dicembre, maggiorata degli assegni personali.
Per le pensioni che decorrono successivamente al 1 gennaio o che cessano durante l’anno la 13^ mensilità non è erogata in misura intera ma in dodicesimi per ogni mede e frazione di mese superiore a 15 giorni.
La 13^ non è dovuta, per le quote di pensione a carico dello Stato, ai titolari di pensione con oneri ripartiti con altri enti, e al titolare di pensione che presta opera retribuita alle dipendenze dello Stato, di Amministrazioni pubbliche o di Enti pubblici (art. 97). Solo nel caso in cui l’importo della stessa relativa alla pensione è superiore a quello della tredicesima riguardante lo stipendio, spetterà la differenza tra i due importi.
L’assegno di incollocabilità
Ai sensi dell’art. 104 del DPR 1092/73 e della legge 26 gennaio 1980, n. 9, art. 12 è concesso ai mutilati ed invalidi per servizio con infermità dalla 2^ alla 8^ categoria, di età inferiore ai 65 anni, che siano riconosciuti incollocabili in quanto, per la natura e il grado delle loro invalidità (in genere malattie neuropsichiche e di natura tubercolare) possono essere, non solo in via ipotetica (Corte dei Conti – Sezione Giur. Reg. Lazio sentenza n. 1093/95) di pregiudizio per i compagni di lavoro e per la sicurezza degli impianti.
L’assegno è corrisposto in aggiunta alla pensione o all’assegno rinnovabile nella misura pari alla differenza tra il trattamento complessivo corrispondente alla 1^ categoria con assegno di superinvalidità di cui alla tab. E lett. H (esclusa l’indennità di assistenza e accompagnamento) e quello complessivo di cui sono titolari.
Durante la sua erogazione, quindi, i beneficiari sono assimilati, a tutti gli effetti, agli invalidi di prima categoria, non pregiudicando la possibilità di chiedere la revisione della pensione per aggravamento.
L’accertamento medico è demandato al Collegio medico legale delle Aziende sanitarie locali, presso il quale l’interessato deve presentare la relativa domanda, allegando copia del decreto di pensione, e idonea documentazione sanitaria. La durata della sua concessione non può essere inferiore a 2 anni né superiore a 4 rinnovabili. Qualora il collegio medico dell’ASL riconosca il diritto per periodi superiori a 8 anni, anche non continuati, l’assegno è liquidato fino al 65 anno di età, senza successivi accertamenti sanitari.
L’Amministrazione ha, in ogni caso, sempre la facoltà di chiedere alla Commissione medica di pronunciarsi sull’effettivo stato d’incollocabilità del soggetto, così come ha la facoltà di revocare l’indennità quando risulti che siano venute meno le ragioni per le quali fu concessa.
Ove, a seguito d’aggravamento, l’invalido sia ascritto alla 1^ categoria, senza assegno di superinvalidità, tale beneficio è conservato, se più favorevole, purché permanga l’effettivo stato d’incollocabilità.
Ai mutilati e invalidi per servizio che, fino alla data del compimento al 65^ anno d’età, hanno fruito dell’assegno, va riconosciuto dal giorno successivo, il diritto a ottenere un assegno compensativo di importo pari a quello fruito fino a quel momento.
All’adeguamento annuale provvedono direttamente le sedi provinciali dell’INPS/ Ragioneria territoriale dello Stato che hanno in carico la relativa partita di pensione.
Avverso il provvedimento che respinge il beneficio, è ammesso ricorso presso la Sezione Giurisdizionale della sezione regionale della Corte dei Conti competente.
La riforma del sistema pensionistico obbligatorio
La crescita dell’età media della vita, la riduzione della popolazione attiva, l’innalzamento dell’importo medio delle pensioni hanno portato a una crescente incapacità del sistema ad autofinanziarsi se non con aliquote previdenziali impraticabili nell’attuale contesto retributivo e fiscale.
La necessità di entrare subito in Europa e il rispetto dei parametri di Maastricht ha imposto al legislatore vari interventi correttivi primo tra tutti quelli contenuti nella legge di riforma delle pensioni n. 335/95 che ha profondamente modificato il sistema pensionistico attraverso: a) l’adozione di regole comuni alla generalità dei lavoratori b) l’introduzione del calcolo contributivo delle prestazioni in sostituzione di quello retributivo c) gradualità del passaggio dalle vecchie alle nuove regole attraverso le seguenti fasi: 1) per i lavoratori nuovi assunti dal 1 gennaio 96 e per quelli che, possono optare per il nuovo sistema integrale, applicazione delle nuove norme d’accesso e del metodo contributivo; 2) per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, calcolo della pensione con il metodo misto (retributivo per la parte di pensione relativa alle anzianità maturate prima del 1996, contributivo per quelle maturate successivamente) e accesso alle prestazioni secondo le regole del sistema retributivo, salva la possibilità di optare per il contributivo integrale; 3) per i lavoratori con più di 18 anni di contributi al 31.12.1995 regole d’accesso e calcolo secondo il sistema retributivo.
aumento requisiti anagrafici per le lavoratrici
A decorrere dal 1 gennaio 2010 per le lavoratrici del pubblico impiego il requisito anagrafico di 60 anni per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia aumenta di un anno (61 anni). Tale requisito, ai sensi dell’art. 12 della legge 30 luglio 2010, n. 122 è ulteriormente aumentato a 65 anni a partire dal 2012 .
Questo in attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del novembre 2008, recepita nel nostro ordinamento dall’art. 22 ter della legge 3 agosto 2009, n. 102 in tema di Provvedimenti anticrisi, proroghe e missioni internazionali.
Alle lavoratrici che, prima dell’entrata in vigore di questa norma, hanno maturato, entro il 31 dicembre 2009, i requisiti di età e di anzianità contributiva ai fini del trattamento pensionistico di vecchiaia, continua ad applicarsi la precedente, più favorevole normativa, e le stesse possono chiedere all’Ente di appartenenza la certificazione di detto diritto.
Tale disciplina si applica anche nei confronti del personale del comparto sanità ed infermieristico il cui regolamento organico stabilisce il limite anagrafico dei 60 anni, mentre continuano ad applicarsi sia le disposizioni inerenti a speciali ordinamenti che prevedono requisiti anagrafici più elevati (professioni universitarie, magistratura, ecc) sia, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs n.165/1997, quelle relative al personale femminile delle Forze armate, del Corpo della Guardia di finanza, delle forze di polizia ad ordinamento civile ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che rimane stabilito al compimento del 60 anno di età.
E’, infine, da rilevare come il Parlamento, con l’art. 18 comma 4 della legge 111/2011 ha previsto una disposizione che riguarda indistintamente sia uomini che donne, stabilendo che l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita individuata dall’ISTAT, già programmato dal 2015, è anticipato al 1 gennaio 2013. Di conseguenza a partire da tale data i requisiti anagrafici prescritti per i pensionamenti di vecchiaia o i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributivi previsti dalla legge 243/2004 e successive modifiche, sono aumentati di 3 mesi.
La riforma delle pensioni dopo le Leggi n. 214/2011 e n.14/2012
L’art. 24 della legge 214/2011 ha introdotto nuove disposizioni in materia di trattamenti pensionistici. Come rilevato dalla stessa norma, le regole previste sono state elaborate per garantire il rispetto degli impegni internazionali, dei vincoli di bilancio e sostenere, nel lungo periodo, il sistema pensionistico ispirandosi ai seguenti criteri: a) equità e convergenza tra le generazioni, con abbattimento dei privilegi salvo per le categorie più deboli, b) flessibilità nell’accesso alla pensione anche con incentivi alla prosecuzione del rapporto di lavoro, c) adeguamento dei requisiti alle variazioni di speranza della vita (più aumenta l’aspettativa di vita, più saliranno l’età pensionabile e l’anzianità contributiva).
L’introduzione del sistema contributivo per tutti e l’ aggiornamento dei requisiti pensionistici alla longevità della popolazione sono stati i principali strumenti di modifica del vecchio sistema che si presentava “generoso” con le generazioni più anziane, elargendo (spesso) una pensione superiore a quanto sarebbe stato giustificato dai contributi pagati durante la vita lavorativa.
Sulla base di tali presupposti e alla luce delle integrazioni introdotte con la successiva legge n.14/2012 a partire dal 1 gennaio 2012.
Pensione di vecchiaia: i soggetti in possesso di almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ferma restando la valutazione con il sistema retributivo (più favorevole perché si basa sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi ani di vita lavorativa) delle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 2011, la quota di pensione relativa alle anzianità maturate dal 1 gennaio 2012 è calcolata con il sistema contributivo (si basa su tutti i contributi versati durante l’intera vita assicurativa). La norma si applica a tutti i soggetti iscritte alle casse dell’ex INPDAP. Tale nuovo sistema comporta per il personale militare, delle forze di polizia civili e militari e del Corpo dei vigili del fuoco il venir meno della possibilità di accesso al pensionamento con 53 anni di età e la massima anzianità contributiva (salvo il caso in cui detto personale ha raggiunto al 31 dicembre 2011 l’aliquota massima del 80%). Per l’accesso alla pensione di vecchiaia è poi richiesto il possesso dei seguenti requisiti anagrafici, collegati anche al cosiddetto adeguamento della “speranza di vita” di cui all’art. 12 della legge n.122/2010:
uomini
dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi
dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni 3 mesi
donne
dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 62 anni
dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 62 anni e 3 mesi
dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 63 anni e 9 mesi
dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 3 mesi
dal 1 gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi
Tutti, poi, uomini e donne, devono avere anche un’anzianità contributiva di almeno 20 anni
Pensione d’anzianità: da quest’anno non esiste più, sostituita dalla pensione anticipata, concessa purchè gli interessati abbiano le seguenti anzianità contributive da adeguare alla “speranze di vita”:
uomini
dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 42 anni e 1 mese
dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 42 anni e 5 mesi
dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 42 anni e 6 mesi
donne
dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 41 anni e 1 mese
dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 41 anni e 5 mesi
dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 41 anni e 6 mesi
Chi vorrà andare in pensione anticipata prima dei 62 anni di età avrà poi un “disincentivo” attraverso una riduzione del trattamento finale pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di 2 anni e del 2% per ogni successivo anno ai primi due (es. del 6% per un anticipo di 4 anni). E’ stato, altresì, abolito il meccanismo delle quote così come la “ finestra di scorrimento” di 12 mesi di attesa. Ai requisiti di età e anzianità non bisognerà più aggiungere tale periodo e la pensione decorrerà dal 1 giorno del mese successivo alla maturazione dei requisiti. Regole diverse continuano a essere previste per chi è addetto a lavori usuranti . L’anzianità contributiva minima è compresa tra i 35 e i 36 anni, continua a valere il sistema delle “quote” (età + anzianità contributiva), mentre l’anticipo massimo rispetto alla generalità dei lavoratori non potrà, comunque, essere superiore ai 3 anni.
Sino al 31 dicembre 2014, è previsto un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici più elevati (cosiddette pensioni d’oro) pari al 5% per la parte di pensione compresa tra i 90.000 e i 150.000 euro lordi, pari al 10% per la parte eccedente i 150.000 euro e sino a 200.000, pari, infine al 15% per la parte eccedente i 200.000 euro.
La pensione di inabilità
Con il decreto interministeriale 8 maggio 1997, n. 187 un nuovo passo avanti è stato compiuto per l’armonizzazione delle normative previdenziali a quelle dell’INPS. Con esso, infatti, è stata data operatività alle disposizioni che, ai sensi dell’art. 2, comma 12 della legge 335/95, (richiamate da ultimo dall’art. 1841 del D.Lgs 15 marzo 2010 n. 66) prevedevano, dal 1 gennaio 1996 (ultimo giorno di servizio 31 dicembre 1995), il diritto per i dipendenti civili e militari dello Stato, ivi compresi i dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A, quelli delle altre aziende privatizzate, e i dipendenti degli Enti locali a un trattamento pensionistico alla presenza d’infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati sono dichiarati nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Questa, quindi, deve risultare nel senso che il soggetto , a cause delle infermità, è escluso dal mondo del lavoro a prescindere da valutazioni attitudinali, di formazione culturale e professionale o di natura prettamente manuale.
Anche sulla base delle disposizioni contenute nella circolare del Ministero del tesoro n. 57 del 24 giugno 1998, la pensione d’inabilità è attribuita, a domanda, (corredata di un idoneo certificato medico che attesti lo stato d’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa), alla presenza dei seguenti requisiti:
a) possesso di almeno 5 anni di contributi, dei quali almeno 3 negli ultimi cinque anni precedenti al trattamento di pensione (tale anzianità non può formare oggetto d’arrotondamenti ma solo di periodi lavorati, riscattati e/o ricongiunti o in ogni caso da riconoscere ai fini del diritto a pensione secondo specifiche disposizioni);
b) risoluzione del rapporto di lavoro per infermità non dipendenti da causa di servizio;
c) riconoscimento dello stato d’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa conseguente all’infermità.
Qualora l’iscritto sia cessato dal servizio per cause diverse, ma in seguito sia stato acquisito un verbale di visita medico/collegiale, attestante uno stato di inabilità, riferita alla data di cessazione dal servizio, è fatta salva la possibilità di presentare nuova istanza.
E’ altresì consentito all’amministrazione, qualora debba procedere all’accertamento delle condizioni di salute di un dipendente e della sussistenza d’eventuali cause d’assoluta permanente inabilità, di invitare l’interessato a presentare domanda. La stessa deve essere inoltrata tramite l’ufficio d’appartenenza, all’Amministrazione competente a liquidare il trattamento di pensione ordinario.
E’ da ricordare come la richiesta deve essere sempre presentata personalmente dall’iscritto, perché tale facoltà non è riconosciuta a eventuali superstiti.
Se riconosciuta la pensione di inabilità è reversibile ai superstiti.
Qualora l’interessato abbia in corso un procedimento per il riconoscimento della pensione privilegiata può, cautelativamente, presentare domanda di pensione d’inabilità.; l’istanza sarà accolta con riserva d’avvio del procedimento solo nel caso non sia riconosciuta la causa di servizio.
Avverso i provvedimenti adottati in sede amministrativa è proponibile ricorso alla Corte dei Conti (Cassazione civile Sezioni Unite n. 9285/2002) pur sussistendo una giurisprudenza minoritaria che individua la competenza nel giudice del lavoro.
In ogni caso la pensione d’inabilità non può essere superiore all’80% della base pensionabile, intesa come media delle retribuzioni, ne può essere superiore al trattamento privilegiato che spetta in caso di infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio.
La pensione d’inabilità è, infine, incompatibile con i compensi per attività di lavoro autonomo o subordinato svolti successivamente alla concessione della stessa, con l’iscrizione ad albi professionali, con i trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e con ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.
Nel caso in cui avvenga una delle predette cause, il pensionato è tenuto a darne comunicazione all’Ente d’appartenenza che provvederà alla revoca della pensione d’inabilità. Il trattamento è altresì revocato, quando l’interessato recuperi la capacità fisica per lo svolgimento d’attività lavorativa.
Impiegati civili dello Stato: le provvidenze economiche di cui al RD 1290/22
Modificando precedenti orientamenti il Consiglio di Stato, Commissione speciale del pubblico impiego, con parere n. 452 del 13.12.1999 e poi anche l’INPDAP – Ufficio normativa – con informative numeri 31/2002, 73/2002 e 53/2003, a chiarimento di quesiti sulla spettanza e sulle modalità d’applicazione dei benefici di cui agli articoli 43 e 44 del RD 30 settembre 1922, n. 1290, come integrato dalla legge 539/1950, in favore degli invalidi per servizio ha precisato che:
- il beneficio è attribuibile d’ufficio, dall’Ente datore di lavoro, con la conseguenza che la domanda dell’interessato, avendo la sola funzione di mettere in mora l’Amministrazione, può essere presentata dal dipendente anche in stato di quiescenza, purché abbia ottenuto, in servizio, il riconoscimento della malattia invalidante da parte della CMO;
- può essere concesso soltanto dopo l’emanazione del provvedimento con cui l’Amministrazione fa proprio il verbale della Commissione medica ospedaliera di dipendenza dell’infermità da causa di servizio, e con decorrenza da esso, nel periodo di permanenza in vita del rapporto d’impiego; compete, altresì, nel caso in cui l’infermità dipendente da causa di servizio sia stata accertata durante un precedente rapporto di lavoro con un Ente diverso da quello in cui il dipendente presta attualmente servizio ed al quale ha presentato domanda di concessione;
- il diritto è soggetto alla prescrizione quinquennale , con decorrenza dal giorno in cui lo stesso poteva essere fatto valere , anche con riferimento ai ratei ed agli importi arretrati. In particolare, per il periodo precedente, qualora siano trascorsi più di 5 anni tra il verbale della CMO e la domanda dell’interessato, si dovranno corrispondere i soli ratei relativi i 5 anni antecedenti alla data d’accettazione della domanda dell’interessato;
- nella base di calcolo dello stipendio tabellare deve essere compresa la retribuzione individuale d’anzianità (RIA) ove il beneficio consiste in una maggiorazione retributiva del 2,50% (per le infermità classificate alle prime 6 categorie) o dell’1,25% (per le infermità ascritte alla 7 ed 8 categoria) per ogni biennio, analoga agli aumenti biennali di stipendio;
- può essere concesso una sola volta nel corso dell’intera vita lavorativa e non è riassorbibile nel tempo, né rivalutabile;
- non costituisce base di calcolo per altri benefici;
- nel caso di aggravamento delle infermità che comportino un incremento stipendiale del 2,50%, in luogo del 1,25% già concesso, dovrà essere attribuito l’ulteriore importo differenziale;
- il beneficio, configurandosi come mero incremento stipendiale, è soggetto alla maggiorazione del 18% per il personale statale cui si applica la normativa pensionistica di cui al DPR 1092/73 e successive modificazioni;
- a seguito dell’avvenuto passaggio dall’originario sistema di progressione economica per classi e scatti , al nuovo sistema basato sulla retribuzione individuale d’anzianità (art. 47 DPR 266/87 ed art. 13 DPR 494/87) le nuove disposizioni si applicano dal 1 gennaio 1987, pertanto eventuali domande presentate con riferimento a verbali della CMO anteriori a tale data non potranno essere accolte, in quanto collegate a precedenti norme che hanno terminato i loro effetti con il 31 dicembre 1986;
- in tutti i casi in cui è il contratto nazionale di lavoro che regola il beneficio ,lo stesso trova la sua disciplina esclusivamente nel contratto medesimo, a decorrere dal giorno successivo alla sua stipula. E’, quindi, il contratto che individua o conferma la base retributiva su cui l’Amministrazione calcola il beneficio (decorrenza, decadenza, ecc).
E’ da ricordare che per le Amministrazioni del parastato o le aziende private, il beneficio non si applica salvo specifico richiamo del singolo ordinamento. Contro il parere negativo dell’Amministrazione è proponibile ricorso al giudice del lavoro.
Personale delle Forze Armate in servizio permanente: articoli 117 e 120 del RD 3458/28
Le disposizioni e le indicazioni sopra evidenziate per gli impiegati civili dello Stato, sono state poi accolte anche dal Ministero della Difesa che, con direttiva DGPM/IV/11^/CD/139758 del 9 novembre 2001, ha riconosciuto l’analogo beneficio di cui agli articoli 117 e 120 del RD 31 dicembre 1928,n. 3458 e, richiamate da ultimo nell’art. 1801 del D.Lgs 15 marzo 2010, n.66, al personale militare ( ufficiali, sottufficiali, volontari, appuntati e carabinieri) in servizio permanente.
Le modifiche di cui all’art. 70 della legge 133/2008
Le disposizioni sopra evidenziate hanno formato oggetto di esame della manovra economica destinata a razionalizzare la spesa sostenuta dalla Pubblica amministrazione nei confronti del proprio personale di cui alla legge 6 agosto 2008, n. 133.
In particolare l’art. 70 della legge ha previsto a decorrere dal 1 gennaio 2009, con esclusione del personale del comparto sicurezza e difesa, l’abrogazione degli articoli 43 e 44 del RD 1290/22 e degli articoli 117/120 del RD 3458/1928.
Benefici combattentistici – legge 336/70
Sul problema dell’applicazione dei benefici combattentistici di cui alla legge 24 maggio 1970,n.336 agli invalidi per servizio in forza delle leggi d’equiparazione con gli invalidi di guerra (n. 539/50 e 474/58) si pronunciò il Consiglio di Stato già nel novembre 1970 (parere n.2386/70) che così si espresse: “non sembra che i benefici previsti dai primi tre articoli della legge possono essere richiesti dai mutilati ed invalidi per servizio, costoro non rientrano in alcuna delle categorie espressamente menzionate. Vero è che sono stati parificati ai mutilati di guerra…ma la concessione dei benefici in essa previsti è stata considerata e voluta quale atto di giustizia riparatrice a favore degli ex combattenti e di altre categorie (partigiani, vedove di guerra, vittime civili di guerra, profughi ecc) che , a causa della guerra, avevano subito ritardi nella loro carriera… i benefici della legge 336/70 hanno carattere eccezionale e si distinguono perciò dalle normali agevolazioni economiche e di carriera concesse in via permanente ai pubblici dipendenti… Tutto ciò induce a ritenere che l’intenzione del legislatore sia stata quella di favorire soltanto coloro che hanno acquisito benemerenze o subito menomazioni a causa o per fatti di guerra, non anche i mutilati ed invalidi per servizio (civile o militare) prestato in tempo di pace”.
Tale orientamento è rimasto costante nel tempo e confermato dai più recenti pareri dello stesso Consiglio n. 361/96 e n. 5859/2001 della VI sezione.
Sequestro, pignoramento, cessione, recupero somme
Ai sensi dell’art. 143 del DPR 1092/73, il trattamento di quiescenza con i relativi assegni accessori è sequestrabile per la realizzazione dei crediti da risarcimento del danno eventualmente causato dal dipendente all’amministrazione, in particolare: fino ad un terzo per cause d’alimenti dovuti per legge, fino ad un quinto per debiti verso lo Stato, enti, aziende da cui il debitore dipende, fino ad un quinto per tributi dovuti dallo Stato , province, comuni.
In ogni caso, la pensione e l’assegno rinnovabile non possono essere sottoposti a sequestro, a pignoramento o a trattenuta in misura superiore ad un quinto al netto delle ritenute sulla pensione.
Al fine di assicurare al pensionato quei “mezzi necessari alle esigenze della vita” che la Costituzione impone gli siano assicurati, il comma 346 dell’art. 1 della legge 266/2005, ha tra l’altro stabilito, aggiungendo un comma all’art. 1 del T.U. di cui al DPR n. 180/50, che nel caso di cessione di pensioni… è fatto salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo INPS; conseguentemente il calcolo per individuare la quota di pensione cedibile o pignorabile risulta il seguente:
importo del trattamento pensionistico (pensione + IIS se corrisposta come emolumento a se stante) meno IRPEF = A
su tale differenza (A) si calcola la ritenuta del quinto.
Interventi assistenziali per il personale delle Forze armate
Come chiarito con nota n. 313/2001 del Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale – l’erogazione d’interventi d’assistenza individuali in denaro (sussidi) costituisce una facoltà dell’Amministrazione della Difesa che si manifesta in un gesto di solidarietà verso i dipendenti militari in servizio ed in quiescenza ed i loro familiari o superstiti . Gli interventi vanno dal sussidio “ pietatis causa” all’erogazione di contributi volti ad aiutare il dipendente per far fronte ad esigenze impreviste che comportano oneri tali da porre in crisi il bilancio familiare.
a) Criteri
L’assistenza mediante la concessione di sussidi deve rispettare le seguenti condizioni: 1) essere fondata su valida, regolare, documentata domanda del richiedente 2) intervenire solo quando esiste un comprovato, grave e accidentale stato di bisogno provocato da eventi eccezionali o particolari 3) coprire, parzialmente, sensibili ed indispensabili spese sostenute in dipendenza dell’evento o per rilevanti danni subiti 4) non avere carattere generalizzato, risarcitorio, periodico, istituzionalizzato 5) non avere carattere preventivo 6) tenere conto degli interventi di natura economica dovuti da organismi mutualistici o assicurativi di natura pubblica o privata
b) Tempestività della richiesta
La domanda di sussidio deve essere inoltrata dall’interessato al Comando o Ente d’appartenenza entro 90 giorni dall’evento (data dell’ultimo documento di spesa) che ha determinato la necessità economica. Per le cure a lungo termine, che richiedono esborsi diluiti nel tempo, sono considerate valide tutte le fatture, dall’ultima collegate da un intervallo tra l’una e l’altra non superiore a 90 giorni fino ad un massimo di 12 mesi. Qualora la spesa fatta sia superiore a 6 volte il reddito netto mensile del nucleo familiare del richiedente, si potrà tenere conto anche delle spese sostenute nei 12 mesi antecedenti dall’ultima ricevuta. Una particolare considerazione potrà essere rivolta a domande prodotte entro 12 mesi da vedove o familiari superstiti ove emerga scarsa conoscenza delle norme in materia assistenziale.
c) Destinatari dell’ assistenza
Sono:
- personale militare in servizio permanente ed in quiescenza, e i familiari ma con le seguenti limitazioni: a) coniuge convivente purché non siano previste provvidenze da parte del proprio datore di lavoro per motivi analoghi b) figli conviventi senza mezzi propri di mantenimento c) genitori e suoceri con reddito non superiore alla pensione sociale e purché vi sia stato concorso nelle spese. Alla presenza di fratelli/sorelle, anche se impossibilitati a concorrere, l’importo della spesa sarà ripartito fra tutti e sarà considerata solo la quota parte di competenza;
- i familiari superstiti del personale militare deceduto purché titolari di trattamenti di reversibilità;
- i volontari a ferma breve, limitatamente al periodo della ferma e per le spese sostenute per se stessi, con esclusione delle cure e protesi ortodontiche;
- i militari di leva in servizio, o loro familiari, nei seguenti casi: a) se il coniuge o i figli o i genitori si trovino senza mezzi di sostentamento per effetto del servizio militare che il congiunto sta svolgendo (l’intervento non può avere carattere periodico) b) dopo la cessazione, purché ricorrano gravi difficoltà economiche familiari (militare dispensato per grave invalidità riconosciuta dipendente da causa di servizio, coniuge o figli o genitori superstiti del militare deceduto per causa di servizio se titolari di trattamento di reversibilità, genitori superstiti anche non titolari di trattamento di reversibilità, per acquisto loculo o tomba a terra per il militare deceduto;
Disposizioni sul trattenimento in servizio
Ai sensi dell’art. 16, comma 1 del D.lgs n. 503/1992 come modificato dai commi da 7 a 10 dell’art. 72 della legge 133/2008, è in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli Enti pubblici non economici di permanere in servizio,per un periodo massimo di un biennio, oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti.
In tale caso è data potestà all’Amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta, in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi.
La domanda di trattenimento in servizio va presentata all’Amministrazione di appartenenza dai 12 ai 24 mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo.
La materia ha trovato una restrittiva disciplina nell’art. 9, comma 31 della legge 122/2010 che ha previsto tra l’altro:
– i trattenimenti in servizio possono essere disposti esclusivamente nell’ambito delle facoltà assunzionali, in base alle cessazioni del personale
– sono fatti salvi i trattenimenti in servizio aventi decorrenza anteriore al 1.1.2011
– i trattenimenti in servizi aventi decorrenza successiva al 1.1.2011 sono privi di effetti
Personale prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo
A partire dal 2009 e fino al 31 dicembre 2011, e, successivamente anche per il triennio 2012/2014 ai sensi dell’art. 2, comma 53 della legge n. 10/2011, il dipendente pubblico che ha maturato 35 anni di anzianità di servizio può chiedere di essere esonerato dal lavoro nei 5 anni precedenti al momento del pensionamento con 40 anni di anzianità contributiva.
La facoltà è stata prevista dall’art. 72 della legge 133/2008 come modificato dall’art. 17, comma 35 novies della legge 102/2009, nell’ambito delle misure intese alla “stabilizzazione della finanza pubblica” ed in relazione al disegno di riorganizzazione e razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni e le modalità applicative sono state illustrate con circolare n. 10 del 20 ottobre 2008 e n.4 del 16 settembre 2009 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, nonché dalle circolari INPDAP n.5/2009 e 27/2009.
L’accoglimento della domanda non è automatico, ma richiede una valutazione dell’Amministrazione che potrà o meno accettare la richiesta sulla base delle proprie esigenze funzionali e di programmazione, dando priorità, in caso di assenso, al personale interessato da processi di riorganizzazione o di riduzione di organico.
Se l’istanza è accettata la posizione di esonero del dipendente si configura come una sospensione del rapporto di lavoro nella quale percepisce un trattamento economico pari al 50% di quello goduto in servizio. Lo stesso viene elevato al 70% qualora l’attività sia svolta, a titolo gratuito, presso Onlus, Associazioni di promozione sociale, organizzazioni non governative che operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
All’atto del collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, il dipendente ha diritto al trattamento di quiescenza e previdenza che sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio.
Maggiorazioni contributive – art. 80 legge 388/2000
L’art. 80, comma 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha introdotto particolari disposizioni previdenziali per i lavoratori pubblici e privati invalidi, in particolare per i mutilati ed invalidi per servizio ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità ascritta alle prime quattro categorie della tabella A) annessa ai Decreti del Presidente della Repubblica numeri 915/78 e 834/81 e loro successive modificazioni.
Per gli stessi in servizio al 1 gennaio 2002, è stato introdotto, a domanda, il diritto al riconoscimento, per ogni anno di servizio effettivamente prestato presso pubbliche amministrazioni o aziende o cooperative private,di due mesi di contribuzione figurativa (fino ad un massimo di 5 anni) ai fini del diritto a pensione e all’anzianità contributiva, consentendo, quindi, di perfezionare il requisito contributivo previsto per il pensionamento d’anzianità anche con 30 anni di lavoro effettivamente svolto, qualora l’interessato sia in possesso del requisito dell’età.
Sono, altresì, interessati i superstiti del deceduto in attività di servizio che ha inoltrato domanda di collocamento a riposo,con applicazione di tali maggiorazioni, per una decorrenza successiva al gennaio 2002.
Il beneficio, come detto, è calcolato per un massimo di cinque anni, sul servizio effettivamente svolto a decorrere dal riconoscimento dell’invalidità (opportunamente certificata), intendendosi per essa quella dalla data di presentazione della relativa istanza alla Commissione sanitaria competente all’accertamento. Di conseguenza, in caso d’esito favorevole, il beneficio è calcolato da tale data (nota operativa INPDAP 36/06) ma escludendo periodi coperti da contribuzione volontaria, figurativa o derivante da riscatto.
In caso d’iscritti all’INPDAP che avanzino domanda con parte del servizio svolto presso aziende private con diversa copertura previdenziale, sarà necessario provvedere alla relativa ricongiunzione (legge n. 29/79).
Promozione al grado superiore – art. 4 legge 45/2008
Nell’ambito della legge 13 marzo 2008, n. 45 in tema di “Disposizioni urgenti in materia d’interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace…” l’art. 4, comma 9 ha stabilito, con decorrenza giuridica dal 1 gennaio 2003 ed economica dal 1 gennaio 2008 che ai militari appartenenti ai ruoli dei marescialli,musicisti, sergenti,volontari di truppa in servizio permanente,e al personale di cui all’art. 21 del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215 (ufficiali di complemento in servizio di prima nomina e in ferma prefissata o rafferma biennale, ufficiali delle forze di completamento) ed ai volontari in ferma delle FF.AA. e ruoli e categorie corrispondenti dell’Arma dei carabinieri, deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio e per causa di servizio durante l’impiego in attività operative o d’addestramento è attribuita la promozione al grado superiore dal giorno precedente la cessazione dal servizio.
Lo stesso comma precisa, inoltre che:
– la promozione avviene previo parere favorevole della competente commissione d’avanzamento, che dovrà tener conto delle circostanze nelle quali si è verificato l’evento e che la stessa è attribuita anche oltre il grado massimo previsto per il ruolo d’appartenenza;
– ai primi marescialli e gradi corrispondenti, può essere attribuita la promozione al grado di sottotenente e gradi corrispondenti, dei ruoli speciali degli ufficiali;
– se la promozione comporta la concessione di un trattamento economico inferiore a quello in godimento, all’interessato è attribuito un assegno personale pensionabile pari alla differenza tra il trattamento economico in godimento e quello spettante nel nuovo grado.
Tali disposizioni sono state confermate dall’art. 1084 del D. Lgs 15 marzo 2010 n. 66 ove l’art. 1082 ha ulteriormente chiarito che la promozione al grado superiore è concessa anche agli ufficiali cessati dal servizio per infermità o decesso dipendenti da causa di servizio.